Verde pubblico a Roma: tanta croce e poca delizia

 

Il verde pubblico ha sempre costituito, per le comunità, un ruolo importante sia a livello estetico che architettonico ed agisce direttamente sulla qualità della vita dei singoli cittadini. Un bene prezioso, quindi, in termini sia psicologici che sociali di fronte al quale il degrado non si può certo accettare! Ma spesso le amministrazioni comunali, responsabili della sua manutenzione, non hanno i mezzi necessari per sfalciare, pulire e rassettare i parchi ed ecco che scendono in campo, a titolo gratuito, i cittadini, forti del loro ruolo di contribuenti, che reclamano il diritto al decoro.

 

Il Campidoglio che, contro il degrado urbano combatte da anni, per fronteggiare il disappunto dei suoi concittadini, ha sempre cercato di barcamenarsi nel miglior modo possibile, adottando misure straordinarie che incrementassero l’oggettiva esiguità del personale comunale addetto.

 

E, tra sentinelle del degrado e detenuti, ora è la volta dei rifugiati politici accolti nel circuito Sprar. Il Dipartimento delle Politiche Sociali, dopo un’attenta e minuziosa “mappatura delle competenze” dei richiedenti asilo politico, ha delineato, dopo una serie di colloqui mirati, le mansioni a cui, gli stessi rifugiati, sono più inclini nell’ottica di privilegiare, comunque, la manutenzione del verde pubblico che risulta essere il settore più carente.

 

Un progetto tutto da definire che ricalca gli estremi di un modello già collaudato dalla Croce Rossa Italiana e partito nel marzo scorso. Gli interessati hanno seguito, sotto la supervisione del Servizio Giardini, un corso di formazione che li ha visti alle prese con tagliaerba e motoseghe; stesso modus operandi è stato riservato anche ai detenuti di Rebibbia che, a fine marzo, scortati dalla polizia penitenziaria, hanno iniziato la loro attività dai giardini di Colle Oppio per poi proseguire con il Gianicolo e le aree di Cinquina e Casale Nei.

 

In entrambi i casi il comun denominatore è il principio dell’inclusione, che si è andato a scontrare con l’esasperazione dei cittadini i quali, attraverso Comitati, associazioni e gruppi improvvisati, si sono più volte armati, la domenica mattina, di guanti e rastrelli per occuparsi, in prima persona, del loro spazio pubblico. Ma una determina dirigenziale dell’agosto 2017 ha, in un certo senso, tarpato le ali alla loro iniziativa volontaristica e civilista, imponendo alcune regole come la sottoscrizione di una polizza assicurativa e la tempestiva e preventiva comunicazione agli organi competenti del programma di intervento.

 

Ma gli esperimenti con finalità sociali non si esauriscono qui e, in una gamma ampia e variegata come quella capitolina, si inserisce la figura del “manutentore civico”, parte integrate di un progetto in collaborazione con la Fondazione Roma Solidale.
In campo già da qualche anno, non è altro che il disoccupato a cui è stata offerta la possibilità di poter contare su un lavoro part time di 20 ore settimanali, da svolgere nelle ville storiche, occupandosi della loro apertura e chiusura, sulla base di un contratto della durata di un anno e sei mesi.