Valorizzazione dei prodotti tipici locali?

 

QUELLO CHE SERVE FARE, STA (QUASI) TUTTO NELLA CAPACITA DELLE NOSTRE AZIENDE

 

Durante la scorsa settimana ho partecipato, per ben due volte, ad iniziative che avevano lo scopo di presentare produzioni tipiche locali e coltivare l’ambizione di una loro speciale qualificazione. In ambedue le circostanze, a dare peso alle iniziative era la presenza delle amministrazioni pubbliche, particolarmente le amministrazioni comunali, che sovente sollecitano iniziative in questa direzione impegnando associazioni, pro-loco, confraternite, ecc.

 

Sono iniziative lodevolissime, che riempiono di contenuti, di qualità e di valore le feste, e permettono di dare la giusta visibilità ai saperi della tradizione locale anche riproponendo sapori, odori e gusti, che l’omologazione consumistica sta portando all’estinzione. E dobbiamo essere assolutamente grati a coloro che dedicano il loro impegno, il loro tempo, la loro capacità per restituire alle donne ed agli uomini del XXI secolo il gusto di un cibo fatto senza fretta, senza risparmio di tempo, con tutti gli ingredienti genuini della tradizione locale: riportiamo così il palato ad un contatto diretto con i sapori e i gusti della terra facendo un’operazione culturale dallo spessore eccezionale, perché quei gusti, quei sapori, quegli odori hanno fatto la nostra storia. E tutti vogliamo che la storia non finisca.

 

Va da sé che segua la domanda più frequente: “ma non si possono valorizzare in qualche modo questi prodotti?” Con il seguito di proposte, spesso fantasiose e talvolta addirittura stravaganti, che sul piano pratico lasciano poi tutto immutato.
Possiamo, anzi dobbiamo, invece, fare un’operazione culturale, gastronomica, antropologica, e insieme economica, lavorando in maniera professionale, consapevoli che nessuna tradizione sopravvive al tempo se non ha un risvolto economico positivo. E dotarci delle necessarie attrezzature e strutture per fare in modo che i comuni, custodi primi di questi valori, e le aziende del territorio ne diventino promotori e testimoni.

 

Partiamo allora rilanciando l’esperienza delle “Denominazioni comunali” – De.Co. – come primo ed imprescindibile passo per dare senso ad un possibile percorso di valorizzazione. Con l’avvertenza che deve trattarsi di un processo strutturato e definito, sia scientificamente che culturalmente, se vuole produrre i risultati che ci attendiamo. Niente facilonerie, niente scorciatoie… occorre un regolamento ed un disciplinare serio e professionale, elaborato a livello regionale da Anci Lazio, cui tutti i comuni possono riferirsi; come anche un catalogo consultabile a distanza per dare adeguata visibilità ai prodotti che scelgono il percorso della De.Co.

 

Infine, occorrono soprattutto aziende dell’agroalimentare e della ristorazione, che condividano disciplinari di produzione e di elaborazione, che si impegnino ad un lavoro di qualità per rendere i prodotti della nostra tradizione fruibili sotto l’aspetto commerciale, sia a livello locale presso i ristoranti, sia a livello generale mediante un confezionamento adeguato. In questo modo facciamo un’operazione perfetta: salviamo saperi e sapori dal rischio della scomparsa, aggiungiamo opportunità economiche al nostro comune e al nostro territorio.