Territorio e Università, quando anche da noi?

 

Le mie riflessioni settimanali prendono le mosse da fatti concreti e propongono ai lettori, che hanno la pazienza di seguire i miei ragionamenti, aspetti della vita del territorio dei Castelli Romani e Prenestini da valutare con occhio vigile, con la speranza di contribuire dall’esterno ad animare, per quanto mi è ancora possibile, un percorso concreto per lo sviluppo locale.
Oggi la mia riflessione prende le mosse dal “Festival dei giovani” di Gaeta, che si è svolto nei giorni 4, 5, 6 e 7 aprile scorsi. Sono stato invitato dal prof. Luciano Monti, docente di politica economica europea alla “LUISS – Guido Carli”, ad un seminario, inserito nel festival, sul tema della ridefinizione dei percorsi di sviluppo locale nelle aree del Lazio colpite dal sisma del 24 agosto 2016, che un gruppo di studenti del laboratorio “Cantieri d’Europa” della LUISS sta affrontando come tema di studio.

 

Tralascio gli aspetti contenutistici del laboratorio, sui quali tornerò con altra riflessione in seguito, quando il lavoro sarà completato, per affrontare un tema, che a mio modo di vedere è strategico per il nostro territorio, ma non trova ancora la consistenza giusta: il rapporto con l’Università.
Il “festival dei giovani” di Gaeta è organizzato dal Comune e dalla LUISS, con la partecipazione di altri partner e con collaborazioni e sponsor: una bella testimonianza di rapporti fecondi tra un ente locale ed una Università, che ha deciso di spendersi per il territorio alimentando una crescita culturale delle giovani generazioni, che costituisce, a ben vedere, la strategia di base per un percorso di progresso sociale.

 

E lì mi son chiesto: perché questa strategia non funziona pure qui da noi, che abbiamo una Università – Tor Vergata – in casa? Cosa manca per stabilire un rapporto stabile, concreto e fecondo tra Università e territorio nel nostro caso?
Parto da un ricorso nel tempo di carattere personale: negli anni Novanta si riuscì a stabilire un coordinamento costante tra i Sindaci dei nostri comuni (è dell’epoca la nascita del distretto sociosanitario, ad esempio) anche nel rapporto con l’Università di Tor Vergata, con la quale si giunse fino alla formulazione di un protocollo d’intesa per attività e azioni comuni sul territorio. Nello stesso periodo in area prenestina si scelse il rapporto con l’Università la Sapienza, tanto che nacque il consorzio dei “Castelli della Sapienza”.

 

Ambedue le esperienze sono rimaste in embrione: episodici i rapporti dei comuni tuscolani con l’Università di Tor Vergata, mentre il consorzio dei Castelli della Sapienza ha dovuto cambiare pelle e finalità per sopravvivere al diradamento dei rapporti con l’Università.
Perché questo? Azzardo la mia risposta, che purtroppo farà arrabbiare qualcuno, ma non mi sottraggo alle critiche ed al confronto: dopo quella stagione di grande tessitura e cooperazione tra comuni e sindaci del territorio è seguita una fase di ripiegamento. Le classi dirigenti dei nostri comuni hanno pensato bene di ripiegarsi su se stesse, spesso anche in aperta concorrenza tra loro per visibilità: ognuno a pensare a sé, tutti concentrati sul proprio comune e sul proprio singolo ruolo. È chiaro che su queste basi un rapporto costruttivo con l’Università è impossibile per l’eccessiva differenza di scala tra questa e ogni singolo comune. Non ci giova questo gioco da campione singolo: il segreto continua a stare nella ricerca di un rapporto di cooperazione rafforzata tra comuni per una visione condivisa dello sviluppo e degli strumenti idonei a perseguirlo. E dentro questa visione ci sta bene l’Università, che dialoghi con interlocutori all’altezza del compito per dare spessore culturale e scientifico ai nostri sforzi.

 

Dobbiamo concentrarci su un rapporto organico del nostro territorio con l’Università mediante strumenti adeguati, con organismi all’altezza del compito (Comunità montana, sistemi bibliotecari, Gal, Consorzio dei Castelli della Sapienza), opportunamente coordinati per non disperdere in mille rivoli iniziative di spessore: speriamo che questa riflessione trovi orecchie attente per dare avvio ad un’iniziativa politica capace di una risposta adeguata.

 

Per prima cosa però occorre che le comunità locali, diversamente dal passato, diano segnali culturali e politici precisi: nel votare chiediamoci prima se gli amministratori che andiamo a scegliere sanno essere all’altezza di un dialogo territoriale, senza il quale oggi non progredisce nessuno.

One comment on “Territorio e Università, quando anche da noi?

  1. Francesca on said:

    Hai colpito nel segno caro Giuseppe! Se il Governo si da da fare per firmare un nuovo protocollo che dia spazio alle attività di tirocinio degli studenti nelle strutture comunali e poi i dirigenti fanno tante e tali difficoltà da impiegare quasi un anno per firmarlo e i singoli uffici fanno resistenza a collaborare con questi studenti, dove vogliamo andare? E se si presentano progetti di collaborazione concreta per l’attuazione di un turismo di qualità sul territorio, redatto dalla stessa università di Tor Vergata e nessuno è interessato a dargli seguito, dove vogliamo andare? E se l’Università chiede più e più volte di collaborare con l’amministrazione, ma questa è sorda, dove vogliamo andare? Va detto per inciso che l’università non è un ente benefico e quando due enti, entrambi con le casse vuote, si trovano attorno ad un tavolo per sviluppare progetti insieme, finisce spesso che dialoga di massimi sistemi e poi ci si saluta con un piatto di mosche.