Incendio di Pomezia: ecco i risultati sull’aria di Roma

 

Il territorio metropolitano è falcidiato in questi giorni da incendi, di varia natura e cause. Ma, nonostante i problemi e le conseguenze che ognuno di questi si porta dietro, nella memoria collettiva resta tutto il dramma e la preoccupazione per le conseguenze di quello divampato lo scorso 5 maggio nello stabilimento ECO X di Pomezia…bruciato per giorni interi. E proprio le conseguenze sono state verificate negli ultimi giorni, grazie ad una ricerca promossa dall’Osservatorio Ambiente e Salute di Roma Capitale (Assessorato Sostenibilità Ambientale), su proposta dell’associazione “Medici per l’Ambiente – Isde” e del suo presidente, professor Roberto Ronchetti.

 

Come è stata condotta la ricerca? Grazie alle api! Sì, proprio loro, ritenute autentiche sentinelle della qualità dell’ambiente in cui esse stesse vivono. Ebbene, non è stato rilevato, ad oltre due mesi dall’incendio, nessun significativo aumento di contaminanti come diossina e metalli pesanti nell’aria di Roma.

 

“I primi risultati – apprendiamo dalla nota stampa –  assolutamente rassicuranti, sono stati presentati nell’ultimo incontro periodico dell’Osservatorio, alla presenza di numerose associazioni ambientaliste. Condotta da medici Isde scelti per competenza, e con l’ausilio degli Assessorati all’Ambiente di Roma e Aprilia, la ricerca è stata condotta sulla cera degli alveari di zona, confrontando materiali pre-incidente con quelli elaborati dalle api nei giorni successivi“.
 

<<Le api, attraverso fenomeni di bio-accumulo, scomparsa e mortalità – ha spiegato l’assessora alla Sostenibilità Ambientale Pinuccia Montanari – consentono di effettuare valutazioni sulla qualità dell’ambiente in cui vivono. Sono vere e proprie sentinelle dell’ambiente per monitorare l’inquinamento da pesticidi, metalli pesanti, radioattività e altro, attraverso l’esame di miele, cera, api e polline. L’impiego dell’ape quale sistema di controllo ambientale è ormai una pratica consolidata nel tempo>>.
 

In questo caso si andava in cerca di diossina e metalli pesanti, ambedue particolarmente solubili nella cera. Si sono quindi raccolti, prelevando la cera negli alveari in un’area di circa 10 chilometri quadrati dal punto dell’incendio (e mescolando accuratamente le cere di diversa provenienza), due campioni: uno prodotto dalle api nel 2016, l’altro 10-20 giorni dopo l’incidente.

 
I primi risultati mostrano che non c’è aumento di contaminanti tra la cera del 2016 e quella prodotta dopo l’incendio. <<In entrambi i campioni – ha precisato il prof. Ronchetti – c’è una concentrazione di alcuni metalli pesanti maggiore di quella rilevata in altre indagini simili ed è presente una certa quantità di diossina, ma si tratta di quantità molto basse>>.