
Nella scorsa settimana un amico, non solo social, ha postato su Facebook: “Senza guerra si sta impadronendo dell’Europa. Indovinate chi è”, cui è seguita una certa discussione sui torti della Germania, sulle sue mire egemoniche, con il solito contorno di sentimento antitedesco.
Nella stessa settimana hanno fatto la loro comparsa i primi sondaggi sugli orientamenti degli elettori tedeschi, chiamati alle urne per rinnovare il Bundestag nel prossimo settembre, nei quali sorprendentemente viene dato in testa Martin Schultz, una vita dedicata all’Europa fino alla carica di Presidente del Parlamento europeo.
Due fatti distanti tra loro per dimensione e per spessore, fatti che non si riguardano. Eppure la loro lettura evidenzia un sentire diverso, un approccio del tutto differente rispetto alla questione Europa.
Mi permetto qualche osservazione.
I tedeschi eleggono i loro Parlamentari europei perché facciano quel mestiere e lo facciano bene: debbono stare a Bruxelles, debbono partecipare ai lavori delle commissioni, debbono essere sempre presenti alle plenarie del Parlamento, debbono seguire con solerzia e premura i percorsi di formazione dei regolamenti e delle direttive in modo che siano più aderenti possibile ai bisogni del loro Paese e del relativo sistema produttivo, debbono tornare in Germania nei loro collegi ogni fine settimana per confrontarsi con i cittadini. I partiti tedeschi individuano i loro Deputati al Parlamento europeo scegliendo persone che vogliano fare quel percorso politico, giovani che hanno voglia di confrontarsi con sistemi più complessi, con altre realtà, in altre parole che siano interessati ad interpretare le aspettative del loro Paese in un contesto ampio, nel quale occorre un confronto serrato e, talvolta anche aspro.
Ci può stare che, al termine di questo percorso, un personaggio come Schultz, che ha dedicato tutta la sua vita al Parlamento europeo, venga riconosciuto dagli elettori tedeschi come interprete di una politica adeguata per il Paese, anche per la sua esperienza di carattere “continentale”.
Noi Italiani invece ci lamentiamo dell’invadenza tedesca. Ma oltre che lamentarci e dolercene non mettiamo in campo nessuna iniziativa per dare spessore alla nostra appartenenza all’Unione.
Da noi fare il Deputato europeo è un’operazione di chiusura della carriera politica di personaggi di seconda fila, con qualche rara e brillante eccezione. Oppure costituisce l’opportunità per avere una carica politica mentre ci si dedica a tutt’altro: brilla fulgido l’esempio di Matteo Salvini, deputato europeo forse a sua insaputa, visto che a Bruxelles quasi non lo conoscono, mentre in Italia parla male di Europa.
A noi è sempre mancata una strategia per l’Europa, la definizione di un approccio positivo e la messa in campo di un percorso conseguente. L’Europa non ci appartiene, noi apparteniamo all’Europa, che deve darci tutte le indicazioni che ci servono per governare l’Italia.
Noi, per dirla con Cesare Galboli, “siamo disabituati a comandarci da soli, abbiamo sviluppato una ineluttabile vocazione servile. Noi non eravamo, e non siamo, lo Stato. Lo Stato erano la Spagna, l’Inghilterra, la Francia… Dai Bizantini ai Piemontesi, ci hanno conquistato tutti i popoli della terra. La conseguenza è che non esiste nessun altro Paese dove sia altrettanto pronunciata l’avversione per la legalità. Paese di vicereami e popolo di servi, seppure servi sublimi, abbiamo sempre assimilato la legalità ad una forma di oppressione. La legalità, pensiamo, è un trucco dei potenti; se voglio farmi strada devo infrangerla”.
La Direttiva Bolkestein? Frutto della prepotenza della burocrazia europea… Ma dov’erano i nostri quando si discuteva? Perché non hanno fatto di tutto per introdurre normative compatibili con la nostra situazione sociale ed economica?
Il debito pubblico da ridurre? Tutta una manovra tedesca per togliere spazio alla nostra economia… Ma quando facevamo debito dove eravamo noi? E quando si discutevano le regole della finanza europea, dove stavano i nostri?
Ecco, io sono dell’idea che, invece di lamentarci, dobbiamo cominciare a rimboccarci le maniche: dobbiamo cambiare atteggiamento culturale nei confronti dell’Europa; dobbiamo scegliere Deputati giovani, che vogliano fare dell’Europa il loro orizzonte politico, il loro destino; dobbiamo essere presenti nei processi decisionali, invece di lamentarci delle loro conclusioni.
Bene, non sono cattivi gli altri… siamo troppo lassisti noi. E questo non ci giova.