“Mare Nostro” in scena al teatro di Rocca di Papa

 

Entra nel vivo la nuova stagione teatrale del Teatro di Rocca di Papa e “Qualcosa di Personale” è il nome scelto per questa stagione,  <<scelto perché ci piace pensare – spiega la direzione della struttura – che il Teatro di Rocca di Papa sia o possa diventare per tutti appunto “Qualcosa di Personale”>>.

 

E questo week end verrà vissuto all’insegna del dramma delle attuali migrazioni. Uno spettacolo corale con in scena 21 attori…. che ci racconteranno qualcosa di particolare, qualcosa di personale. ​”A qualunque latitudine, facciamo parte della stessa comunità. Ogni uomo, ogni donna, ogni piccolo di questo pianeta, ovunque nasca e viva, ha diritto alla vita e alla dignità”. Si racchiude qui, nelle parole di Vittorio Arrigoni, il senso dello spettacolo Mare Nostro.

 

 

Mare Nostro nasce sull’onda del tempo che stiamo vivendo. Un periodo storico difficile, segnato da conflitti, violenze, atrocità. Stiamo attraversando una crisi profonda in cui l’uomo pare incastrato in un meccanismo di disumanizzazione. Ci basti pensare che in questo momento nel mondo sono più i paesi in guerra che quelli in pace ma anche lì dove i conflitti non ci sono gli effetti di questo clima bellico si fanno sentire.
Nessuno può ritenersi più al sicuro.

 

C’è una parte di umanità che fugge, che attraversa mari, che supera confini, che si dispera, che muore mentre l’altra parte si difende, costruisce muri, stende filo spinato, concentra le proprie forze per fermare quest’onda di disperazione. Il mondo sembra spaccarsi in due e il mare rappresenta il simbolo di questa spaccatura ma anche la possibilità d’incontro tra questi due mondi. Mare Nostro suona come una preghiera, mare da attraversare, mare da difendere, mare che è confine e al tempo stesso strada che unisce.

 

<<Attraverso questo lavoro – spiegano gli autori – abbiamo provato a saldare questa frattura e a varcare un confine, a metterci dall’altra parte, dalla parte di chi fugge, di chi annega, di chi si fa saltare in aria dentro a un teatro, dentro un aeroporto e di chi in quel teatro o in quell’aeroporto muore.
Quello che ne è venuto fuori è che ognuno è a suo modo vittima e che, aldilà del dio in cui si crede, della bandiera a cui si appartiene, del confine entro il quale si vive, aldilà di tutto ciò che ci divide c’è qualcosa di assoluto che ci unisce ed è l’appartenenza al genere umano.
Affermare questo è uno degli obiettivi dell’opera insieme all’invito, come unica salvezza, a restare umani>>.
“Restiamo Umani, anche quando intorno a noi sembra l’umanità pare si perda”.

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