Alessandro Vanoli ha raccontato l’inverno e l’attesa

 

Giovedì pomeriggio scorso,  il grande scrittore Alessandro Vanoli ha incantato il pubblico alla Mondadori Bookstore di Genzano. Nella Libreria di Corso Gramsci è infatti arrivato il docente e autore bolognese per presentare il suo ultimo libro, di genere saggistico, intitolato “Inverno. Il racconto dell’attesa” (Il Mulino).

 

Vanoli ha spiegato questo suo viaggio attraverso una stagione che risponde ad un immaginario costruito culturalmente in negativo dal punto di vista psicologico. <<Le stagioni oggi sono più forti e hanno un carico di forza umana e sociale>> – ha detto lo scrittore – <<che le rendono più scolpite, più solide. L’inverno, che attraverso le epoche si identifica con l’attesa, non lo concepisco in maniera negativa anche se la natura sembra ferma e tangibile, congelata mentre arriva la primavera. C’è sicuramente una attesa biologica, dei corpi che rallentano, e un’attesa psicologica nell’aspettare che tutto ricominci. Ma non è una stagione che è sempre stata intesa così: pensiamo ai greci o ai romani, che avevano inverni più ampi dall’Anatolia alla Bretagna, e rispondevano con l’allegria delle terme e delle case riscaldate>>.

 

Fra le tante icone dell’inverno vi sono sicuramente i monasteri: <<Immagine vera e propria dell’inverno – ha raccontato Vanoli – solitari e freddi, con i copisti che lavoravano fino a che il sole non calava, attenendosi ad una spaventosa regola precisa>>. Re, come Enrico IV e Gregorio XVII, guerre, assedi, attacchi, eventi storici, come la glaciazione, e periodi come l’umanesimo e il rinascimento: l’interessante saggio di Vanoli non dimentica nulla, o quasi, e spazia da una disciplina all’altra con grande dovizia di particolari.

 

Particolarmente originale la ricerca che lo scrittore ha attuato, proprio ai fini della stesura di “Inverno”, sulla storia dell’arte e sull’antropologia: <<L’inverno entra nella pittura inizialmente con un sentore monocromatico, poi cambia, come si vede dalla copertina del mio libro scelta appositamente perché è un quadro cinquecentesco, e si descrive questa stagione con attenzione ai colori che producono freddo>>.

 

Arte ma anche usanze: le feste più tradizionali sono in inverno, e questo ha una spiegazione antropologica: <<Le classiche feste – ha spiegato Vanoli – necessitano di una stagione che si fermi e sembri mostrarsi come morta, attendista, o ancora diventi chiave del movimento di festeggiamento. Dai saturnali si è passati all’articolazione occidentale che abbiamo dato noi al Natale, con il bisogno di sicurezza, il camino, la coperta, il calore e un inverno dickensiano e borghese. Anche la figura di Babbo Natale appare a metà Ottocento, e si cala nell’idea del freddo>>.

 

Tanti spunti di riflessione per un percorso che prende per mano il lettore e lo conduce all’esplorazione di una stagione spesso non celebrata dalla letteratura e dalla società, ma che in realtà è piena di fascino, di interessi e di risorse che con “Inverno” vengono analizzate in tutte le proprie sfaccettature. Un bell’incontro, dunque, alla Mondadori di Genzano: in un freddo pomeriggio invernale Alessandro Vanoli, nel calore della Libreria, ha raccontato cose nuove da un altro punto di vista.